13.01.2007
parole di sindaco
Lettera
ad un cittadino e non solo a lui.
Con una
lettera il Sindaco di Roma Walter Veltroni ha risposto ad un cittadino in
merito alla dedica del 23 dicembre scorso alla Stazione Termini a Giovanni
Paolo II.
Ecco di seguito il testo della lettera:
Gentile signor…..,
la sua lettera, insieme ad altre che ho ricevuto sullo stesso argomento, mi
fa pensare che ci sia un equivoco, che forse è bene chiarire.
Il nome di Giovanni Paolo II, dal 23 dicembre, compare in due steli che si
trovano all’interno della Stazione Termini. La cerimonia che si è svolta
quel giorno non è stata dunque una intitolazione, per il semplice motivo che
la Stazione continua a chiamarsi così, “Termini”, con il nome che evoca la
storia millenaria di Roma, che ormai fa parte dell’identità della città e
della consuetudine di milioni di persone, che è conosciuto in tutto il
mondo.
La nostra, d’intesa con le Ferrovie dello Stato, è stata una dedica, fatta
in un luogo adatto a ricordare il Papa del viaggio e dell’incontro, della
pace e del dialogo. Una dedica voluta dalla stessa Amministrazione che ha
dato a Roma, individuandolo nel Tempietto Egizio del Verano, quel luogo per
le cerimonie funebri di carattere laico che fino a poco tempo fa mancava. La
stessa Amministrazione che tre anni fa ha ospitato sulla Piazza del
Campidoglio i funerali dei tredici somali morti nel terribile naufragio al
largo delle coste siciliane.
In questa città ci siamo sempre mossi così, per rimuovere gli steccati,
quelli che discriminano chi ha un’estrazione sociale piuttosto che un’altra,
così come quelli che vorrebbero separare le persone in base al colore della
pelle, al paese di provenienza, alla religione, al possedere o meno una
fede, all’una o all’altra idea politica.
Il ricordo e il pensiero che il 23 dicembre abbiamo dedicato a Giovanni
Paolo II fanno parte di questo stesso spirito. Perché è vero: alla Stazione
Termini passano e passeranno, ogni giorno, uomini e donne di ogni fede, e
anche tanti che fede non hanno. Ma questa non è una controindicazione, al
contrario: chiunque andrà, si troverà in un luogo che porterà con sé la
memoria di un uomo che nella sua vita ha abbattuto muri e costruito ponti,
che è diventato simbolo proprio dell’incontro, tra le religioni, i popoli e
gli individui.
Alla Stazione Termini si recheranno quei musulmani che rimasero colpiti
quando il Papa, a Casablanca, parlò di rispetto reciproco di fronte a
centomila giovani e di fronte a loro baciò il Corano; quei musulmani che
apprezzarono, dopo l’11 settembre, le parole di apertura e di amicizia verso
la religione islamica, a scongiurare ogni rischio di un assurdo scontro di
civiltà.
Alla Stazione andranno gli ebrei che portano con sé il ricordo dello storico
abbraccio con Elio Toaff nella Sinagoga di Roma e anche quello del biglietto
con la richiesta di perdono lasciato, dopo un lento e commovente incedere,
tra le pietre antiche del muro del Pianto.
E i non credenti avranno motivi per non sentirsi in alcun modo offesi
ripensando laicamente e serenamente a quante volte hanno apprezzato le
parole di chi si è sempre speso contro la guerra come “avventura senza
ritorno”, di chi è stato una delle poche voci autorevoli e capaci di
esprimere lo sdegno verso i potenti della Terra immobili e inerti di fronte
al dramma della povertà e della fame, capaci di affermare contro il
principio di una globalizzazione dei mercati e delle economie senza riguardo
per gli umili e per i deboli, una globalizzazione della solidarietà in grado
di proteggere i diritti di ogni individuo.
Il vero obiettivo, specie in questo nostro tempo, deve essere quello di
unire, quello di far crescere una comunità salda e aperta, tollerante. Per
questo i simboli servono, aiutano. E Giovanni Paolo II è proprio uno di
questi simboli. Lo è nel senso etimologico, nel senso di chi “mette insieme”
realtà diverse, persino opposte, senza che la singolarità di nessuno venga
sminuita.
E’ questo il motivo per cui credo davvero non ci sia nulla di più semplice e
di più sereno della dedica che abbiamo voluto fare a Giovanni Paolo II, in
un luogo che si chiama e continuerà a chiamarsi così, la Stazione Termini.
walter veltroni - 12 gennaio 2007